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Cosa c’è nel nuovo codice degli appalti pubblici: digitalizzazione, infrastrutture strategiche e il 98% degli affidi senza gara

Il nuovo codice degli appalti pubblici è legge. E la parola d’ordine è: Semplificazione. L’approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri porta così le nuove norme, riassunte in 229 articoli. Il Codice dei contratti pubblici “in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici” passa quindi l’esame definitivo. «Per fare una gara si risparmieranno da sei mesi ad un anno», calcola il ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini. Il quale sottolinea la norma “Prima l’Italia”, che fissa criteri premiali per il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei Paesi Ue, ma anche la valorizzazione delle imprese che hanno sede nel territorio interessato dall’opera. L’approvazione è una delle riforme necessarie per l’assegno da 19 miliardi del Pnrr. E non serviranno i decreti attuativi.

I 36 allegati e il dissenso qualificato

I 36 allegati del codice degli appalti pubblici che hanno sostituito le 104 norme secondarie, rendono infatti il provvedimento immediatamente applicabile. L’insieme delle nuove norme parte da due principi fondamentali. Quello del risultato, da conseguire con la «massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza». E quello della fiducia nella legittimità delle scelte fatte. In sintesi le nuove norme più importanti sono:

le deroghe per i cantieri;

il dissenso qualificato;

la Banca Dati Nazionale dei contratti pubblici dal primo gennaio 2024;

l’appalto integrato libero e la liberalizzazione degli appalti sottosoglia;

le novità sulle centrali di committenza e le stazioni appaltanti;

Si introduce quindi il cosiddetto “dissenso qualificato”: le amministrazioni avranno una cornice più limitata per bloccare un’opera. I piccoli comuni potranno poi procedere ad affidamenti diretti fino a 500 mila euro. Ed è prevista la cosiddetta liberalizzazione sotto soglia (fino a 5,3 milioni). Oltre all’arrivo di una piattaforma digitale nazionale per evitare duplicazioni burocratiche nelle documentazioni richieste. Il nuovo codice porta anche minori vincoli sui subappalti, che possono diventare a cascata. E l’obbligo di adeguamento dei prezzi in caso di rincari dei materiali. L’appalto integrato e la liberalizzazione dei sottosoglia Arriva inoltre l’appalto integrato, che prima era vietato e che permetterà ora di attribuire con una stessa gara il progetto e l’esecuzione dei lavori. Abbiamo già accennato alla liberalizzazione degli appalti sottosoglia. Con il tetto di 5,3 milioni le stazioni appaltanti potranno attivare procedure negoziate o affidamenti diretti. Sempre rispettando il principio della rotazione delle imprese. Per gli appalti fino a mezzo milione di euro le stazioni appaltanti (ovvero gli enti locali più piccoli) potranno procedere direttamente, senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. Si interviene anche sulla cosiddetta “paura della firma”. Ritoccando le sanzioni: niente colpa grave per i funzionari e i dirigenti degli enti pubblici se avranno agito sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità. Tutele simili per la questione dell’illecito professionale. In particolare, per alcuni tipi di reato, l’illecito professionale può essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o in presenza di misure cautelari. La digitalizzazione e le infrastrutture strategiche La digitalizzazione degli appalti parte dalla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (che fa capo all’Anac). Ma investe anche il fascicolo virtuale dell’operatore economico, le piattaforme di approvvigionamento digitale, l’utilizzo di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici. Una digitalizzazione integrale che permetterà anche l’accesso agli atti che tutti i cittadini possono richiedere. Il governo con le regioni qualificherà le infrastrutture strategiche e di preminente di interesse nazionale. Il ministero dell’Economia inserirà l’elenco nel Documento di Economia e Finanza. È prevista poi la riduzione dei termini per la progettazione, l’istituzione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici di un comitato speciale appositamente dedicato all’esame di tali progetti. Le quotazioni in appalto e gli indici Istat Per le quotazioni in appalto è confermato l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione dei prezzi al verificarsi di una variazione del costo superiore alla soglia del 5%, con il riconoscimento in favore dell’impresa dell’80% del maggior costo. Per la determinazione della variazione dei costi e dei prezzi si utilizzano gli indici Istat. Tra cui quelli dei prezzi al consumo e alla produzione e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie. Nel nuovo codice è infine previsto anche il riordino delle competenze dell’Anac. Con un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie. I settori speciali come acqua, gas, trasporto ed energia avranno mani ancora più libere. Così come i concessionari. Che non avranno più il vincolo di sottoporre a gara l’80% dei loro contratti. Senza gara il 98% dei lavori pubblici Secondo il Sole 24 Ore con le nuove norme il 98% dei lavori pubblici sarà senza gara. Si parla di un mercato di 18,9 miliardi all’anno. Il calcolo deriva dal fatto che delle 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici del 2021 il 98,27% era sotto i cinque milioni di euro. La stessa soglia scelta per il nuovo codice degli appalti pubblici. Per i piccoli cantieri, sintetizza il quotidiano, il nuovo codice ora disegna sostanzialmente tre binari: affidamento diretto obbligatorio per gli appalti sotto i 150 mila euro (per un controvalore totale di 3,3 miliardi di euro); procedura negoziata senza bando ma con cinque inviti per gli appalti fino a un milione di euro; procedura negoziata senza bando ma con dieci inviti per gli appalti tra 1 e 5,38 milioni di euro. In questo modo le scorciatoie varate durante la pandemia si trasformano in regole per il mercato ordinario. Secondo l’Anticorruzione si tratta di una scelta eccessiva. Le imprese di costruzione hanno segnalato il pericolo di far precipitare in un limbo contratti con uno scarso tasso di trasparenza.

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