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La Finanza scopre duemila operai irregolari nei cantieri navali di Venezia

Sono bengalesi e dell'Europa dell’Est pagati meno di 7 euro l’ora e costretti a rinunciare ai più elementari diritti sanciti dai contratti collettivi. Fincantieri prende le distanze: «Noi investiamo la massima attenzione sulla sicurezza e il benessere della sua comunità»

Paghe irregolari, contratto collettivo nazionale disatteso, cedolini fittizi con “voci artificiose” per corrispettivi mai erogati al dipendente. E, di conseguenza, un notevole flusso di denaro mai confluito nel sistema fiscale.

La Guardia di Finanza di Venezia ha individuato nel corso di un’attività che vede impegnate le Fiamme gialle da almeno cinque anni, quasi duemila (per la precisione 1.951) lavoratori impiegati nella cantieristica navale irregolarmente inquadrati all’interno del meccanismo a scatole cinesi che gravita attorno al mondo di appalti, subappalti e agenzie interinali a loro volta legate all’universo delle società affidatarie dei lavori di carpenteria meccanica: manodopera in molti casi bengalese (la comunità più numerosa nel comune di Venezia), ma anche albanese e dell’Europa dell’Est.

La maggior parte delle società e cooperative lavora per cantieri legati a Fincantieri. Il flusso di denaro non sottoposto a imposizione né contribuzione è pari a 6 milioni di euro.

Il sistema di sfruttamento

L’attività investigativa diretta dalla Procura della Repubblica di Venezia alla quale ha collaborato anche l’Ispettorato del Lavoro, ha portato alla luce sistematiche condotte di sfruttamento della manodopera specializzata all’interno dei cantieri navali veneziani e in altre cinque regioni. I lavoratori erano «retribuiti con paghe irregolari e spesso privati dei più elementari diritti sanciti dai contratti collettivi».

Un’indagine che parte da lontano, e che vede diversi tronconi sul tappeto, alcuni finiti già in Tribunale, di cui la Finanza fa sintesi, e tira le fila a distanza di qualche anno. Sono state raccolte montagne di documentazione in tutti i cantieri dove i lavoratori sono stati impiegati in giro per la penisola.

Le investigazioni sono iniziate dai cantieri veneziani, ma mano a mano che i finanzieri andavano ad acquisire materiale per decifrare le posizioni, le retribuzioni, i contratti, si sono allargate a tutti i cantieri dove venivano impiegati i lavoratori e dove avevano contratti le stesse società di appalti e subappalti – oltre a Venezia figurano Trieste, Genova, Monfalcone, Gorizia, Ancona e Palermo – le relative sedi e quelle delle diverse società e agenzie interinali con le quali si interfacciavano per la ricerca del personale.

Paga globale e “finte” buste paga

Sarebbe stato chiarito, in tal senso – fanno sapere le Fiamme Gialle nella nota diffusa il 28 marzo – il sistematico ricorso, da parte delle imprese appaltatrici, al meccanismo della cosiddetta “paga globale”: «Il lavoratore veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto collettivo nazionale di settore, con una paga oraria forfettaria, parametrata alle ore lavorate.

«La paga lorda veniva riconosciuta a fronte della predisposizione di una busta paga fittizia, recante l’indicazione di voci artificiose – quali “anticipo stipendio”, “indennità di buono pasto”, “bonus 80 euro”».

Si parla «di “indennità di trasferta” e “anticipazione Tfr” – di fatto mai erogate al lavoratore dipendente e preordinate a sottrarre a ritenuta fiscale, previdenziale e assistenziale gli emolumenti corrisposti».

Una partita complessa quanto radicata e stratificata nel tempo.

I nuovo “schiavi”

Sarebbero stati, inoltre, acquisiti «circostanziati elementi di riscontro in ordine allo sfruttamento di 383 lavoratori in quanto costretti ad accettare, per il loro stato di bisogno, condizioni di lavoro particolarmente sfavorevoli e una paga oraria inferiore ai 7 euro».

Precisa la Finanza: «Turni non conformi ai contratti collettivi, restituzioni di parte della paga legate al fatto che il lavoratore si trova in difficoltà perché «deve rinnovare permesso di soggiorno».

Troncone, quest’ultimo, che ha rilevanza penale e ha fatto scattare la segnalazione all’autorità giudiziaria. Molte ditte dell'appalto e del subappalto in cui sono emerse le irregolarità fiscali sono le stesse già finite nell'indagine penale.

Le società affidatarie

Un’attività certosina che arriva a termine con le segnalazioni delle posizioni all’Ispettorato del lavoro, che adesso dovrà fare i conteggi.

Su 6 milioni di euro di retribuzione irregolare almeno la metà sono contributi e imposte evase dalle imprese appaltatrici subappaltatrici. Erano loro a fare i contratti ai lavoratori, talvolta utilizzando agenzie interinali con sede a Milano piuttosto che a Roma e Napoli.

Nel complesso le società affidatarie sono 15: una decina con sede a Venezia, ma tra queste c’erano titolari italiani, bengalesi, albanesi e romeni (ognuna dava lavoro, o almeno la precedenza per lo più ai propri connazionali). Una grossa società era di Taranto. 8 le agenzie interinali sparse per l’Italia. Stranieri che sfruttavano stranieri della loro stessa comunità.

La risposta di Fincantieri

Non si è fatta attendere la risposta dell’azienda operante nel mondo della cantieristica navale. Che prende le distanze dall’operato delle ditte subappaltatrici e ribadisce non solo di essere parte lesa, ma anche la propria collaborazione con la magistratura.

«Fincantieri investe la massima attenzione sulla sicurezza e il benessere della sua comunità» si legge. «L’azienda sottolinea che il processo di fornitura è monitorato da procedure vincolanti in materia di diritti dei dipendenti. I fornitori di primo e secondo livello, infatti, sono tenuti a garantire ai propri lavoratori il corretto trattamento in termini di retribuzione e riconoscimento di tutti i diritti garantiti dalla legge, compresi i contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi, che devono essere correttamente e puntualmente versati». —

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